DIVORTIUM
Il divorzio (da divertere scindersi coniugalmente) fu concepito diversamente nel periodo classico e in quello postclassico. Alcuni autori ritengono, con ragione, che i romani applicarono il divorzio prima ancora che questo venisse concettualizzato in ciò che ancor oggi indica l’atto di scioglimento del vincolo matrimoniale. Come il matrimonio anche il divorzio presenta due significati.
Divorzio è tanto l’atto di revoca da parte dell’uno o dell’ altro o di entrambi i coniugi del consenso matrimoniale, quanto l’atto o modo formale, o dichiarazione unilaterale recettizia(trasmessa per nuntium o per litteras) di repedium che pone fine ex nunc al matrimonio.
Lasciando, tuttavia ad un analisi successiva il discorso sul repudium e sulla sua rilevanza in ambito matrimoniale, è doveroso concentrarci su ciò che era il divortium nel periodo classico e postclassico. Quando si passa all’analisi dei riferimenti testuali esistenti o s’indaga nelle fonti ci si imbatte nella più completa incertezza intorno all’istituto. Tali dubbiezze non si limitano all’istituto del divorzio ma, ancor prima, riguardano l’istituto matrimoniale romano.
Sul divortium: Biondi, Dir. Rom. crist. 3. 151 ss.; Andréev, Divorce et adultère dans le dr. Rom. Class., in RH. 35 (1957) 1 ss.;Genius, Vorsorge fur die geschiedene Ehefrau nach rom. R.?, in On. Seidl (1975) 39 ss. Bonfante, Corso di diritto romano, I. Diritto di famiglia, Roma, 1925. Mod.
D. 50, 16, 101: “Divortium” inter virum et uxorem fieri dicitur „repudium“ vero sponsus remitti videtur, quod et in uxoris personam non absurde cadit. Volterra, Istituzioni di ditto privato romano, Roma, 1961. Certamente il matrimonio romano classico non aveva bisogno per concludersi, di nessun atto o dichiarazione. Essendo il matrimonio fondato sul puro consenso bastava che i coniugi non nutrissero più la volontà di tenerlo in vita, o venisse meno il consenso per uno di essi che questo veniva meno.
Differentemente da noi moderni i romani non avevano un’autorità che decretasse il divorzio, era però necessario che uno dei coniugi non avesse più la volontà di essere unito in matrimonio, che questo cessava. Di conseguenza è lecito dire che il diritto classico non prevede alcuna forma speciale di divorzio.
Essendo questi i fatti era difficile accertare divorzi o apprezzarli moralmente e socialmente. Proprio per quest’atteggiamento del mondo giuridico e sociale romano è da respingere l’affermazione di Valerio Massimo, che nella sua raccolta fatti e detti memorabili (come anche Gallio e altri sostennero) affermò che a Roma non ci furono divorzi finché Surio Carvilio non ripudiò la moglie. Tuttavia quanto il divorzio abbia interessato il legislatore romano non è possibile dirlo. Di certo si occupò di esso, come conferma lo stesso Svetonio, Augusto nella sua lex iulia o nella lex de maritandis ordinibus. Quest’ultima lex era sicuramente diretta ad evitare che la moglie fosse accusata di adulterio e il marito di leonocinio se i coniugi avessero dimostrato la cessazione della comune volontà di essere Interessante è il divorzio di Messalina dall’imperatore Claudio assente (divorzio effettuato sposando un altro) e dei rapporti apparentemente matrimoniali tra Antonio e Cleopatra nel periodo in cui Antonio non aveva ancora ripudiato la moglie Ottavia. Sul punto: Guarino, In difesa di Messalina (1974), in PDR. 2 (1933) 267 ss. uniti. Di sicuro non ci sono circostanze che ci portano a parlare di divorzio negli strati bassi della societas romana, ma nel primo periodo imperiale fu praticato più di una volta da personaggi come Catone Uticense, Silla, Cinna, Pompeo, Bruto, Cesare, Cicerone, Ovidio, Tiberio, Plinio il Giovane.