Articolo scritto nel 12/4/2009 ma ancora valido nel 2017
Da molto tempo ci si interroga su un modo irrisolto della politica, quello di contemperare l'erogazione di servizi ai cittadini e l'esigenza di contenimento della spesa publica. D'altra parte, per i temi di grande rilevanza sociale sarebbe opportuno spostare il livello del dibattito dal merito al metodo, dalla didattica alla strategia. Occorre "ripensare" lo stato sociale, facendo tornare non solo i conti dello stato, ma anche tra gli inclusi e gli esclusi di una stessa generazione e quelli tra le diverse generazioni, avendo la consapevolezza che proteggere i più deboli assicurando loro educazione e formazione e permettere a tutti di partire con pari oportunità generando la coesione sociale, significa non soltanto rispettare principi generali di moralità pubblica ma anche compiere il migliore degli investimenti. Ciò che emerge dall'analisi dell'esperienza italiana, infatti, è che la logica dell'emergenza spesso prevale sulla piananificazione e che, quindi, l'intervento riparativo viene privilegiato rispetto a quello preventivo. Tale fenomeno crea un circolo vizioso per cui si finiscono per spendere somme ingenti, pubbliche e private, soltanto per sanare i guasti di una cattiva programmazione e di una valutazione approssimativa delle priorità. Circolo vizioso cui purtroppo non si sottrae il sistema scolastico che appare, anzi, uno degli ambiti che a pieno titolo dovrebbe rientrare nelle urgenze dell' agenda politica.
Negli anni l'obbligarietà scolastica è stata elevata dalla quinta elementare alla terza media e per ultimo al secondo anno delle scuole superiori, il motivo è per elevare il grado culturale che permette maggiori opportunità lavorative e un miglioramento economico, ciò permette allo stato di trarne un vantaggio per la spesa sociale che determina un notevole risparmio dell'economia statale.
Valgano d'esempio alcuni dati statistici sul grave fenomeno della dispersione scolastica, su quanto tale fenomeno incida sulla qualità della vita, sul redito dei singoli cittadini e delle famiglie e di conseguenza, sull'indice di crescita del PIL e delle entrate dello Stato:
- In Italia si diplomano appena 60 giovani su 100 ( nel solo a.a. 1994/95 più di 177.338 studenti delle scuole superiori hanno interrotto gli studi ) e dei 60 diplomati, soltanto 11 conseguono la laurea ( Su 100 iscritti all'università si laureano solo 31 studenti );
- l'intervento pubblico nell'istruzione è efficace : è stato calcolato che 8.000 miliardi (in lire) di spesa comportano quasi 300.000 studenti in più tra i diversi ordini di scuola;
- i tassi di disoccupazione decrescono all'aumento del livello d'istruzione;
- un laureato produce un reddito più che doppio rispetto a quello di un possessore di licenza media;
- l'incremento del livello d'istruzione produce crescita del PIL : un anno addizionale (in più) di istruzione può innalzare il tasso di crescita di 1,2 punti ( circa 24.000 miliardi di lire);
- il livello di istruzione è la variabile che maggiormente incide sui tassi di mortalità della popolazione;
- il titolo di studio è correlato con la percezione soggettiva dello stato di salute e di conseguenza, con la richiesta di intervento e di assistenza sociosanitaria;
- ad un titolo di studio più alto corrisponde una maggiore partecipazione alla vita associativa ed alle attività di volontariato ( 400.000 giovani operatori la cui età media è di 21 anni).
Basti considerare alcuni dati relativi ai minori ricavati dagli studi statistici degli ultimi anni : 50 suicidi accertati l'anno ed oltre 150 tentativi; 25.000 minori denunciati l'anno per reati che vanno dalle lesioni personali al furto, alla rapina, allo spaccio di stupefacenti; oltre 4.000 minori utenti dei servizi pubblici per le tossico dipendenze ed una percentuale elevata, purtroppo in crescita, di giovani vittime di alcolismo e tabagismo;quasi 2.000 minori per i quali sono state attivate segnalazioni di ricerca e che risultano ancora da rintracciare nell'anno in corso.